Sorpresa o supplì! I migliori di Roma dall'epoca di Napoleone.

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Supplì tradizionali
Alla fine del settecento, durante l'occupazione napoleonica di Roma, secondo la leggenda, i soldati francesi che addentavano una specialità romana fatta di riso la chiamavano "surprise", perché dopo il primo morso svelava il suo contenuto di carne tritata mista, con rigaglie di pollo, e funghi secchi. Il termine "surprise" attraverso il linguaggio parlato è stato trasformato prima in "surprisa" poi "supprisa", forse per fare prima "supprì" e infine "supplì".
Come per l'arancino, la storia lo vuole al femminile  per rimanere fedeli alla traduzione dal francese "la sorpresa" ossia" la supplì".
Se non vi eravate mai chiesti il perché di questo nome adesso avete comunque una risposta.
I supplì nascono come cibo da strada, i venditori ambulanti giravano per i vicoli con una “caldara” colma d’olio, li preparavano al momento e li servivano caldi. In un’intervista di Sibilla Aleramo a James Joice del 1927, lo scrittore irlandese rievoca il suo soggiorno romano dei primi anni del '900 ricordando il “supplittaro” che attraversava le strade con il suo grande calderone fumante di olio, spesso ci abbinava il baccalà in pastella o le mele. I supplì diventarono quasi subito parte dell'offerta dei menu dei ristoranti e delle trattorie romane.  Il supplì compare per la prima volta nel menù della Trattoria della Lepre in Via dei Condotti , nel 1874 come "soplis di riso".
Il supplì è il simbolo della romanità, fuori dalla regione Lazio ha subito la concorrenza del noto arancino siciliano, con il quale però ha molte differenze. La sua forma è di una polpetta allungata, è fatto esclusivamente con riso al ragù di carne ed è oggi ripieno di mozzarella. L’arancino, invece, si può trovare in molte forme, è più grande, e come vi ho detto in precedenza (sul blog), può essere farcito in diversa maniera. Un’altra differenza sostanziale sta nel modo in cui viene impanato: i supplì vengono immersi nell’uovo poi passati nel pangrattato prima della frittura, per gli arancini invece viene utilizzata la pastella. Il riso dei supplì viene oggi condito con il ragù fatto con la carne macinata, perché con gli anni è caduta in disuso la ricetta originale che prevede un sugo con le rigaglie di pollo come i durelli e i fegatini. 
Il cuore di mozzarella, o dadini di provola romana, introdotto molti anni dopo l'originaria ricetta, intorno al 1950, ha dato origine ad un altro nome curioso "supplì al telefono" perché quando lo si divide in due per  mangiarlo, il cuore filante di mozzarella tiene i due pezzi sempre in comunicazione.
Supplì al telefono

Dove mangiarne di buoni a Roma? Al Mercato Rionale del Quadraro, alla pizzeria dell'angolo di un mercato vero, ricco e caotico, se chiedete in giro tutti ve la sapranno indicare.
Se invece andrete a trovare i due pizzaioli più noti a Roma, Gabriele Bonci di Pizzarium  o Stefano Callegari, che il Financial Times ha definito “something of an underground food hero” (una sorta di eroe alternativo del cibo), nel suo nuovo locale Sforno, ne troverete di tutti i gusti, fuori dalla tradizione e dentro la creatività dei grandi maestri della cucina.
Non perdetevi quelli di Supplìzio, i supplì dello chef Arcangelo Dandini  che entrano di diritto in classifica.
Supplì(zio)

Oppure andate da Freetto, un angolino piacevole dove gustare un supplì classico filante insieme alle varianti cacio e pepe o amatriciana.
Non perdetevi poi dal 15 al 17 luglio il primo Supplì Festival di Eataly Roma, zona Garbatella, in collaborazione con Tastreet al terzo piano di Eataly, alla ricerca di vecchie tradizioni e nuove tendenze. Un appuntamento imperdibile dell'estate romana. Io ci vado e voi?

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